Archivi del mese: Maggio 2014

Magneto.

Ok.

Adesso che mi sono messa paura da sola su quanto ormai sia raffinato, preciso ed infallibile il mio modo di ottenere informazioni che la gente non mi vuole dare, posso placarmi e tornare per un attimo con la mente a quello che di te so.

So che ti ho visto in queste foto del posto dove lavori, che oggi sono venuta a spiare da vicino. Che ho visto in quelle stesse foto un quadro che è appeso dentro casa tua, mi hai detto che raffigura 2Pac. Che ti vedo nelle foto e mi sento questo strano fremito.

Che leggevo un articolo su Vanity di come due donne lesbiche fanno l’amore e in una citazione si parlava di graffi e di stare sopra e sotto e la mente è andata in un batter d’occhio a te e ad una settimana fa. Tu e i benedetti gelsomini del tuo giardino, che sembrava di stare dentro una pubblicità di Dolce e Gabbana. Il profumo. Il fresco di una sera di primavera fuori, col tuo maglione di cachemire che ora tengo in ostaggio come scusa in extremis per rivederti.

Perchè mannaggia non ho capito come andrà a finire, nè se ci frequenteremo. Visti ci siamo rivisti. O almeno io e i tuoi occhi azzurri.

Cazzo a me sono gli occhi azzurri che mi fregano nella vita, ormai dovrei averlo capito.

Il tuo ciuffo bianco, che sembri Crudelia e le tue labbra piccolissime e poco generose.

Mi manchi ad un livello proprio fisico, penso sia questo il problema. Come se mi avessi messo un magnete sotto pelle che adesso tende costantemente a te.

Che se non ci fossero i tuoi figli a casa stasera, potrebbe partirmi la brocca, mi metterei in macchina e ti citofonerei. Eppure con te ste cazzate non le posso fare. Perchè anche se sei un single di ritorno, la tua testa non è quella di un single qualunque che flirta con me. Ogni volta che sono davanti a te sto flirtando con i tuoi 43 anni e tutte le cose che hai già fatto nella vita e che ho visto scorrere in quelle foto nella cornice digitale, forse per mezz’ora, mentre tu ad occhi chiusi eri abbracciato alle mie caviglie e Ludovico Einaudi suonava per noi.

Mi manchi come il ferro alla calamita.

Vorrei solo che mi passassi. Perchè tanto lo so che io e te non andiamo da nessuna parte, e che le mie amiche mi hanno detto “tra la normalità e l’anormalità, mille volte meglio la normalità” e noi normali non siamo.

E forse rischio di perdermi quella meravigliosa normale creatura che ha deciso di attraversare la mia vita esattamente nello stesso momento in cui l’hai deciso tu, uno col piede destro avanti, l’altro col sinistro.

Lui come marmellata sul pane e tu come ferro, cosa che ho appena scoperto. Esci dalla testa, riprenditi i tuoi graffi, fammi per una volta andare incontro a qualcosa di normale, qualcosa in cui non sbatto la testa fino a rompermela.

So amare solo così io.